Gioco d'azzardo e alcoolSeduto al tavolo in salotto, Lodovico mischiava le carte. Un mazzo logorato dall’uso degli ultimi dieci anni, nei momenti di svago con Anastasia, appassionata fin dell’infanzia alla scopa, ruba mazzetto e briscola.

Quella sera era stata proposta una partita a ramino. L’imbattibile Lodovico, alla proposta, aveva guardato con sospettato interesse la nipote, notando lo sguardo acceso dalla convinzione che l’animava davanti alle sfide.  Seduto con la schiena rivolta alla cucina, non prestava attenzione ai rumori prodotti da Anastasia mentre girava tra una stanza e l’altra, preparando l’occorrente. Lodovico si scosse solo alla folata di vento che lo colpì al collo, ma rimase in postazione e domandò ad alta voce il favore di chiudere la porta-veranda.

«Ancora fastidi alla cervicale?» domandò preoccupata Anastasia, poggiando una terrina colma di patatine accanto alla sua postazione. Lodovico guardò il contenuto salato emettendo un grugnito di disapprovazione, all’idea che le sue carte venissero imbrattate dal residuo oleoso. Di risposta, Anastasia poggiò alcuni tovaglioli vicino alla terrina, esibendo il sorriso sornione, prima di poggiare una bottiglia della birra preferita dallo zio innanzi a lui.

«Ho preso freddo durante l’ultimo appostamento.» informò Lodovico mentre la nipote si sedeva.

«E dovevi esserci proprio tu?» sempre stupita dagli incarichi che ancora svolgeva, nonostante il grado.

«A volte è meglio se sono presente. E questo caso in particolare richiedeva la mia supervisione.»

Anastasia si sedette e guardò per alcuni secondi lo zio, preoccupata. Il tono con cui aveva chiarito l’azione svolta le ricordava i lunghi casi dei quali non parlava e che lo incupivano anche dopo la conclusione legale. Lodovico poggiò il mazzo sul tavolo, si grattò la brizzolata peluria giornaliera del mento e le regalò un sorriso rincuorante e solare.

«A te.» spronò e la partita ebbe inizio.

Distribuzione, cambio carta, attesa della mossa dell’avversario. Tra una pausa e l’altra lo sgranocchiare di Anastasia o i moderati sorsi di Lodovico scandivano il tempo. Le similitudini tra zio e nipote erano numerose, atteggiamenti che i due interessati non notavano, ma che i famigliari mettevano in evidenza tra risatine e battutine sarcastiche. Come con le carte: le espressioni facciali che li animavano, a seconda del possesso di mano, erano compatibili. Nozioni che però non erano in grado di leggere nei tratti dell’avversario.

«Siete ridicoli!» li canzonò Arturo avvicinandosi al tavolo. Una mano nella tasca dei jeans, l’altra occupata nel trattenere la barretta al cioccolato, parte della quale già in bocca, il fratello minore di Anastasia era pronto per la sua serata. Camicia stirata, capelli rielaborati col gel, stivali alla cow-boy e una boccetta di profumo versato sul tutto.

Lodovico lo osservò accigliato, da anni incapace a comprendere gli stili mutevoli del nipote, ma sopraffatto dal pungente nuovo profumo. «Noi siamo ridicoli? Tua madre sa che quel costoso profumo che le hai fatto comprare, lo usi come bagnoschiuma?»

Arturo gli rispose con un ghigno, prima di mordere un altro pezzo di barretta.

«Perché mangi la mia merendina?» chiese infastidito Lodovico.

«Perché a te fa male. Mi sacrifico per il tuo bene.»

«Un’attenzione non richiesta, grazie.» rimproverò.

«Perché te la prendi con me se stai perdendo? Possibile che non riesci a specchiarti nelle sue espressioni? Avete gli stessi tick quando possente una buona o una cattiva mano! E tu saresti ispettore capo?» indispettito dal richiamo, Arturo controbatté, carico dello spirito selvaggio dei suoi sedici anni.

«Cosa c’entra?» intervenne Anastasia, ironica.  Domanda che ottenne da Arturo il silenzio, mentre si gettava sul divano in attesa del passaggio in centro città. Lodovico fece un paio di respiri profondi e tornò a concentrarsi sulla partita; consapevole che Arturo aveva ereditato l’animosità dalla madre, sapeva che era necessario diverso tempo perché sbollisse.

«Alziamo la posta?» suggerì all’improvviso Anastasia.

“Eccone un’altra che ha preso dalla madre”, pensò Lodovico osservando il volto angelico della nipote diciottenne.  Quante volte Giuseppina l’aveva accolto con quel sorriso e, iniziando la frase con carissimo fratello, l’aveva abbindolato per raggiungere i propri scopi. «Cosa vorresti?»

«Sei ti batto, convincerai mamma a farmi andare con le mie amiche in quel viaggio per l’Inghilterra.»

«Se vinco io?»

«Laverò la tua adorata macchina per i prossimi tre mesi.»

«E mi preparerai un dolce ogni settimana.»

Anastasia fece una smorfia con le labbra, indispettita dalla contro proposta più onerosa rispetto alla sua.

«Ma bene! Gioco d’azzardo e alcool, ispettore?» Anita finì di indossare il giacchino senza distogliere lo sguardo, ironicamente accigliato, dal marito.

La reazione immediata di Lodovico fu un’alzata di spalle, che si allineò con l’espressione da innocente del volto. Mossa seducente per Anita, che si chinò a baciargli le labbra; accompagnata dal fischio d’approvazione della nipote e il verso di disgusto proveniente dal divano.

«Arturo, andiamo.» lo chiamò la zia, divertita dalle reazioni ottenute; varianti della crescita adolescenziale.

Il telefono squillò in quell’istante, bloccando i presenti in una posizione statica. Anita si mosse per prima, due parole al ricevitore prima di passare la cornetta al marito. Lodovico emise rispose chiare e precise, ascoltando attento, mentre la conclusione risultava ovvia ai tre in attesa: a quella serata, di pizza e cinema, lo zio non avrebbe partecipato.

«Arrivo.» confermò l’ispettore, prima di chiudere il contatto e alzarsi.

Partita persa.